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Rappresentazione visiva dell'articolo: Tassi fermi, ma la Fed teme l’impatto dei dazi

Autore: Banca Widiba

Data di pubblicazione: 21 marzo 2025

Tassi fermi, ma la Fed teme l’impatto dei dazi

Il 19 marzo si è riunita la Federal Reserve, per la seconda volta da quando Donald J. Trump è tornato alla Casa Bianca. È arrivato finalmente il momento per la Banca centrale americana di cambiare toni, visti soprattutto gli effetti sul mercato del nuovo governo? La risposta, almeno per ora, sembra negativa.


La Fed ha infatti deciso di proseguire, senza grandi sorprese, con i tassi fermi. Insomma, per la seconda volta consecutiva, il target dei Fed Funds è rimasto in area 4,25% - 4,50%. A sorprendere, però, è il dato dei dots: nonostante Wall Street abbia sofferto particolarmente nelle ultime settimane e l’inflazione si sta muovendo, anche se molto lentamente, al rialzo, la valutazione dello stato dell’economia rimane immutata anche se, come ha sottolineato Powell, è aumentata l’incertezza sulle prospettive.

Le proiezioni economiche continuano a indicare, per fine anno, un costo del credito ufficiale al 3,75-4%, ovvero il mercato si aspetta ancora due tagli nei prossimi mesi. Immutato anche il sentiero per i prossimi anni: 3,25-3,75% a fine 2026, 3-3,25% a fine 2027 e 3% nel medio periodo.


Effetto dazi: neppure la Fed è immune

Se per ora le prospettive sui tagli dei tassi rimangono invariate, le stime sul PCE core 2025 (indice della spesa per i consumi personali) sono state riviste al rialzo, passando dal 2,5% ipotizzato a dicembre al 2,8%. Le nuove stime sull’inflazione incorporano l’effetto dazi, che tuttavia viene considerato da Powell solo come transitorio. Ma l’inflazione non è stato l’unico dato rivisto: il prodotto interno lordo è stato rivisto al ribasso per tutti e tre gli anni di riferimento, il Pil per il 2025 è infatti stato abbassato dal 2,1% all’1,7%. L’aver lasciato invariate le attese sui tagli lascia pensare che la Fed stia dando più peso ai rischi sulla crescita derivanti dalla guerra commerciale.


Insomma, Powell ha segnalato che manterrà un approccio attendista, per le prossime mosse politiche, proprio come sta facendo dal 21 gennaio. L’incertezza sugli effetti dei dazi e in generale delle politiche portate avanti dal presidente Donald Trump offusca le prospettive economiche più ampie.


I mercati rispondono alla riunione della Fed

L’assenza di elementi hawkish nella conferenza stampa di Powell ha agevolato un calo dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi. Il treasury a 10 anni si trova a circa 7 punti base al di sotto del livello pre-Fed, mentre quello a 2 anni ha perso 9 punti base.


D’altro canto, i futures azionari hanno indicato da subito un rialzo, con i mercati che sono stati rassicurati dalla posizione cauta della Federal Reserve. Questo non significa che Wall Street sia tornata ai livelli di novembre: le azioni devono ancora recuperare le recenti perdite scatenate dalle minacce tariffarie di Trump. L’S&P 500 ha perso l’8% nell’ultimo mese, per quasi 4mila miliardi di dollari, cancellando tutti i guadagni registrati poco dopo che Trump è stato rieletto per un secondo mandato alla Casa Bianca.

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